Università degli studi di Pavia

 

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Nielsen attività di ricerca

Tematica di ricerca “mutanti low phytic acid”

La fitina o acido fitico (myo-inositol esafosfato) è una sostanza presente nei semi di praticamente tutte le piante, nei quali generalmente rappresenta la più abbondante forma di riserva di fosfato. La fitina esplica un forte effetto antinutrizionale in quanto causa ostacola l'assorbimento di micro e macro elementi nel tratto gastrointestinale degli animali monogastrici. Infatti, questo composto è un forte chelante dl cationi minerali come zinco, calcio, magneslo, rame e ferro con cui forma sali (fitati) che non vengono assorbiti a livello intestinale. Nei paesi del terzo mondo od in via di sviluppo, le cui popolazioni hanno una dieta che si basa quasi esclusivamente su semi di cereali e/o leguminose, ciò porta a deficienze nutrizionali di ferro e zinco. La riduzione del contenuto di acido fitico nei semi è dunque uno degli obiettivi principali del miglioramento genetico delle specie da granella. Negli ultimi anni sono state descritte linee mutanti con significative riduzioni dei livelli di P fitinico, ma non di P totale, in diverse importanti specie coltivate come mais, orzo, riso e ultimamente anche in soia. Tali linee hanno tuttavia dimostrato difetti più o meno gravi a livello della germinabilità o della crescita e della resa della coltura in campo.
Obiettivo di questa linea di ricerca è produrre linee di piante coltivate, in particolare di fagiolo, la leguminosa più coltivata a livello mondiale e principalmente consumata dall'uomo, in cui sia ridotto il contenuto di acido fitico, ma non siano alterate le performances agronomiche.
Nel 2003 presso il laboratorio di Biochimica vegetale del DGM dell’Università di Pavia è stato selezionato un mutante di fagiolo che si è dimostrato privo di difetti relativi alle performances agronomiche ed è pertanto stato in seguito oggetto di una serie di studi, condotti in collaborazione con l’Istituto IBBA C.N.R. di Milano e l’Istituto C.R.A. di Montanaso Lombardo (Lodi), di caratterizzazione biochimica, genetica e molecolare. La mutazione è stata inoltre mappata e in seguito trasferita in linee di fagiolo commerciali allo scopo di aumentare la biodisponibilità sia del fosfato, che del ferro e dello zinco presenti nel seme. Si stanno quindi ora valutando le performances nutrizionali di questi nuovi fagioli low phytic acid in sistemi in vitro (cellule Caco-2 in coltura), mentre sono stati pianificati anche successivi esperimenti in vivo su animali monogastrici e sull’uomo.

Tematica di ricerca “utilizzazione di biomasse vegetali per la produzione di biocarburanti”

I biocarburanti, in particolare bioetanolo e biodiesel, hanno parecchi vantaggi rispetto ai carburanti convenzionali: vengono da una fonte rinnovabile, la fotosintesi, e non da una riserva limitata di depositi fossili; non portano ad un aumento dell’emissione di gas-serra poiché bruciando riemettono semplicemente la CO2 che le piante con cui sono stati prodotti hanno assorbito per crescere; rispetto al petrolio, sono molto più facilmente biodegradabile e molto meno tossici. Infine, possono essere distribuiti usando gli stessi mezzi di trasporto e le medesime stazioni di servizio utilizzate per i prodotti petroliferi. L’etanolo si può produrre da biomasse vegetali a seguito di processi di idrolisi della complessa miscela di polimeri di carboidrati della parete cellulare, lignina, emicellulosa e cellulosa, seguita dalla fermentazione alcoolica degli zuccheri semplici originatisi. Tutto questo processo non è ancora stato ottimizzato in nessun materiale vegetale. In particolare, la fase dell’idrolisi enzimatica è ancora nelle sue prime fasi di messa a punto e sviluppo. Il biodiesel si può invece produrre per transesterificazione di oli presenti nei semi di piante coltivate quali il girasole o la colza, ma anche di lipidi prodotti da microalghe coltivate in certe condizioni ambientali.
Il nostro progetto di ricerca, condotto in collaborazione con il gruppo del prof. Cella, è così articolato: Bioetanolo da materiale lignocellulosico: - Ottimizzazione del pretrattamento della biomassa vegetale (erba medica, pioppo) in diverse condizioni di idratazione (fresca o essicata) e di conservazione (insilato di erba medica) con metodi chimici, fisici e biologici. Particolare attenzione sarà dedicata alla sostenibilità economica dei processi da sviluppare. - Idrolisi dei polimeri strutturali della parete cellulare: in una prima fase saranno analizzati diversi enzimi idrolitici (cellulasi, emicelluasi, xilanasi e pectinasi) commerciali in relazione allo loro efficacia di digestione, termostabilità e alta temperatura di esercizio. Questa parte della ricerca si integrerà con un parallelo progetto che mira ad ottenere piante di tabacco ingegnerizzate per la produzione di enzimi idrolitici nelle foglie. Saranno inoltre messe a punto procedure atte a impedire la formazione o a rimuovere composti in grado di inibire l’attività dei microrganismi fermentativi. Biodiesel da microalgahe: - Ottimizzazione delle condizioni colturali idonee all’induzione ed alla a produzione ed accumulo di lipidi da parte di diversi ceppi di microalghe. - Miglioramento della quantità e/o qualità dei lipidi prodotti dai ceppi algali. - Ottimizzazione delle condizioni di estrazione e separazione dei lipidi dalla massa algale.

 
 
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